Questo volume costituisce un significativo approfondimento degli studi su Roccascalegna. Ben scritto e ben organizzato – le copiose note testimoniano del rigore dello studio – il contributo di Cicchitti consente dapprima una lettura cronologica dell’evoluzione del borgo, che non fa eccezione alla stragrande parte dei centri storici abruzzesi accomunati dal fenomeno dell’incastellamento e segnati da domini feudali e di casate millenari.
Nella seconda parte dell’opera sono poi prese in considerazione le principali emergenze monumentali del paese, religiose e civili, che ne confermano nel tempo il ruolo di assoluto rilievo territoriale (ne è riprova il complesso abbaziale di San Pancrazio, prima gravitante nell’orbita cassinese, poi in quella di San Giovanni in Venere).
L’attenta ricognizione degli interventi architettonici sei e settecenteschi nelle chiese dei Santi Cosma e Damiano e di San Pietro, così come degli arredi liturgici interni ad essi, testimoniano della continuità della produzione artistica di Roccascalegna nei secoli, con opere anche di notevole fattura. In particolare l’austera San Pietro, in posizione dominante il circondario e prossima al castello, mostra diverse fasi costruttive ancora tutte da indagare.
Tale valenza, che rappresenta anche in chiave turistica un punto di forza per l’intera regione e sulla quale vale ancora la pena di puntare in termini di tutela e riqualificazione, è la chiave di lettura che l’autore adopera per trattare il tema dell’incastellamento, capace di produrre scorci paesaggistici di assoluta bellezza, fonte di continua ispirazione – almeno fino alla metà del secolo scorso – per viaggiatori e artisti italiani e stranieri. Il rischio concreto, oggi, è di veder ridotta sempre di più la valenza d’insieme dei paesaggi antropici italiani, sublimata appunto dall’arte che in tempi recenti non ha più colto in essi l’illuminazione di una volta per i tanti interventi incongrui che hanno modificato radicalmente il paesaggio di borghi come Roccascalegna:
“…esiste ancora l’Italia? L’Italia della natura, quando l’uomo moderno, divenuto viandante, inseguiva un altrove che coincideva con luoghi reali. Luoghi che non erano privi di passato e memoria, ma che venivano ora investiti da un sentimento così dirompente da fare emergere, in Italia, il volto moderno della pittura”
(Tomaso Montanari, Quegli artisti nell’Italia dei paesaggi perduti, in “La Repubblica”, 22.10.2015).
Il volume si conclude con una analitica descrizione dell’imponente castello, la cui immagine dominante rappresenta da tempo uno degli spot più efficaci per il turismo culturale in regione, fonte di continua ispirazione anche in chiave cinematografica.